Orodè sta facendo un lavoro pressoché unico nel panorama italiano. La pratica del mosaico assume nelle sue mani un volto attuale, pop nelle cromie ma potente nei contenuti: i riferimenti vanno dal classico ai maestri del contemporaneo”                                                                                                                   (Alessandra Redaelli, Arte Mondadori, Marzo 2018)

Nella creazione dei mosaici in ceramica i miei riferimenti sono in primo luogo letterari poi pittorici, musicali e solo infine musivi. Sono autodidatta, il mio stile non è influenzato da scuole. Quando nel 2000 ho cominciato questo mio viaggio nel mosaico contemporaneo, nella casa museo Vincent City – dove ora tutte le mie prime opere sono permanenti e liberamente visitabili- avevo come riferimenti musivi solo l’opera di Gaudì, di Hundertwasser e di alcuni reperti dell’arte precolombiana. Venivo dalla pittura e non volevo utilizzare delle tesserine di forma quadrangolare, per essere il più lontano possibile dal mosaico classico, dall’idea bizantina del mosaico per intenderci, ma soprattutto dai risultati del mosaico industriale odierno, tipo Bisazza. Le mie tessere sono uniche, simboliche, curve. Ho scelto la ceramica, perché solo la ceramica mi permette di tirar fuori la mia idea pittorica di mosaico. Cerco di utilizzare il minor numero di tessere possibile nella creazione di un corpo, di un viso. Tutte le opere sono utilizzate con il solo uso delle tenaglie.

La mia tecnica di mosaicista è caratterizzata anche dal particolare uso delle fughe – lo spazio vuoto tra le tessere – che in generale nella storia del mosaico non è mai preso in considerazione. Nelle mie opere le fughe sono essenziali quanto le tessere, sostengono il mio disegno, vibrano, si allargano e prendono sempre più spazio e importanza. I collanti di nuova generazione garantiscono la durata nel tempo dell’opera, anche se realizzata in esterno (come il Paradiso Terrestre creato per l’architetto e designer Fabio Novembre, a Milano).

Di seguito un particolare di un’opera per apprezzarne la matericità, l’aspetto scultoreo, la grana delle fughe, l’unicità delle tessere, tutto quello che in poche parole mi ha permesso di vincere la Targa d’oro del Premio Arte 2015

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