Qui di seguito la copertina del prezioso catalogo- edito Corraini e col progetto grafico di Italo Lupi- della Triennale Design Museum, aperta fino al 22 febbraio 2015. Tra le tante opere- circa 600- che fanno la storia del design italiano degli ultimi 80 anni, secondo la curatela di Beppe Finessi, anche il mio trittico in ceramica ritagliata a mano, “Autoritratto mentre creo. Il mio atelier”, di metri complessivi 2,5×1. Opera realizzata ad inizio del 2014, è disposta a chiusura del percorso voluto da Finessi, nella sezione “Neoprimitivismo“.

Di seguito una brevissima presentazione di Beppe Finessi, una foto con alcune delle opere esposte tra cui il mio trittico, appeso in alto sulla sinistra, ed infine il testo critico con cui nel catalogo si presenta la sezione “Neoprimitivismo”
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“Progettare ai tempi delle crisi economiche sembra essere una condizione particolarmente favorevole allo stimolo della creatività. Certo, da sempre “la necessità è la madre dell’invenzione”, e facendo “di necessità virtù” sono spesso nati progetti realmente innovativi. Anche nel nostro paese, anche per il Design Italiano.
Così questa edizione del Triennale Design Museum prova a indagare una nuova possibile storia, quella che va dalla metà degli anni Trenta, quelli dell’Autarchia, attraversa la crisi petrolifera del 1973, gli anni dell’Austerità, e arriva alle difficoltà globali dei nostri giorni, e alle risposte possibili che passano anche attraverso l’Autoproduzione.” (Beppe Finessi)

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NEOPRIMITIVISMO: Nei momenti di “crisi” bisogna imparare a scegliere, o lanciandosi in utopie futuristiche, oppure ripartendo da sé, dalle proprie origini “concrete”. E il guardarsi dentro, il più indietro possibile, riporta agli albori, a quei pensieri primitivi e alle opere primigenie che sono state le scintille per l’avanzamento della tecnica e delle arti. Così oggi, nel design contemporaneo, sembra stia nascendo una nuova “generazione” di autori (non necessariamente legata all’anagrafe) che usando tecniche semplici e materiali non preziosi, e soprattutto un linguaggio povero, chiaro e onesto, realizza opere e oggetti spesso autoprodotti, dedicati ai gesti “primari”, quasi una ricerca alle origini dell’atto progettuale. (…) Allora, come dicevano di sé i Futuristi in uno dei loro “manifesti”, saranno questi designer “i Primitivi di una nuova sensibilità completamente trasformata?”

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